DI FRANCESCO SCARPONI
Oggi vorrei parlare dell’importanza del respiro corretto durante un gesto del proprio corpo. Ogni movimento che compiamo, dal più piccolo e preciso al più globale, necessita di un corretto apporto di ossigeno. C’è tuttavia una parte correlata alla attività respiratoria oltre a quella fisiologica a mio parere ugualmente importante,. L’atto in sé del respirare accomuna tutti gli esseri viventi, è un valore che ci appartiene e che non può essere scisso dalla attività vitale…….e penso sia proprio per questo che tutte le tradizioni più antiche meditative, spirituali e contemplative pongono tanta attenzione al respiro. Esso può essere controllato, consapevole, accelerato, lungo, corto e così via….ma perché è considerato uno strumento così rilevante? Mi piace portare la mia esperienza personale, sia vissuta in prima persona che vissuta come assistente al movimento riabilitativo delle persone che tratto quotidianamente. La mia idea è che movimento e respiro debbano essere compiuti all’unisono, in maniera armonica e strettamente correlata. Mi sono reso conto spesso che nel momento in cui la mente della persona che si appresta a compiere un gesto è connessa al proprio respiro, il movimento risulta più efficace, più sensato dal punto di vista del consumo energetico e più armonico. Spesso utilizzo un respiro consapevole e presente anche per gestire una sintomatologia dolorosa, connessa per esempio a un recupero articolare: realizzare un corpo unico che si muove all’unisono e che sia costituito dal segmento corporeo del paziente, dalla presenza delle mani del terapista a far da guida al movimento e a un respiro “meditativo” utilizzato da entrambi i soggetti dà risultati inimmaginabili. Così come grande efficacia è costituita da uno spirito non improntato allo scontro, ma a una ricerca del movimento circolare: cerco di spiegarmi meglio. Se per esempio mi trovo a dover lavorare nella “piegatura” (flessione) di un ginocchio, posso immobilizzare il povero malcapitato, mettere una gran dose di forza volta a recuperare il movimento mancante e chiedere una sopportazione del grande dolore, facendola passare come condizione inevitabile per recuperare. Una alternativa che consiglio e in cui credo molto è invece spiegare cosa sto per fare, chiedere collaborazione al paziente invogliarlo a qualche atto respiratorio profondo e “meditativo”, iniziare la manovra di “piegatura” e seguire i fisiologici movimenti del corpo, cercare cioè una armonia di movimento lungo delle linee circolari immaginarie. Probabilmente sarà una pratica che richiederà maggiore tempo, ma sicuramente sarà molto meno stressogena per la persona. Il senso di tutto ciò è ritrovabile nella costruzione della collaborazione tra gruppi muscolari e non solo: nel momento in cui i muscoli respiratori possono agire coordinandosi con tutti gli altri muscoli si sviluppa una armoniosità irripetibile, rafforzata dalla attenzione consapevole della mente sull’attimo presente. L’immagine che più rappresenta questa realtà può essere un praticante di Tai Chi, ad esempio.
Ogni movimento in questa straordinaria pratica alterna diverse velocità, può iniziare lentamente,
poi accelerare e poi rallentare di nuovo, ma sempre seguendo linee circolari e atti respiratori profondi, controllati e coordinati. Il senso dell’armonia, della forma assimilabile a un moto circolare è ripetibile e praticabile in tutte le attività quotidiane, richiede sicuramente esercizio e applicazione, ma nel momento in cui viene realizzata sviluppa quel concetto così coinvolgente espresso da Platone, che definiva l’Armonia come un equilibrio senza sforzo.
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